DOVERE DI VOTARE, DIRITTO DI ASSENTARSI

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C’era del marcio in Danimarca. Cosa avrebbe detto oggi Shakespeare dell’Italia?

Devo dire francamente che non ho mai considerato il non voto come un’opzione giusta, corretta, perseguibile o consigliabile, in quanto inutile e improduttiva di conseguenze e di benefici concreti, né per coloro che si astengono dal voto, né per la comunità di cui facciamo parte. Inoltre è una filosofia che si scontra frontalmente con il concetto di democrazia partecipata, quale è inteso nella sua accezione non diciamo "nobile" ma quantomeno "normale" del termine. Infine, nel concreto, anche se nessuno votasse, basterebbero comunque i voti dei familiari dei candidati, buoni, cattivi o pessimi che fossero, per concedere l’ambita poltrona a un illustre o poco illustre chicchessia.
Detto tutto questo confesso che mi nasce nella coscienza un però. Un però grande, massiccio, inquietante.
Perché non mi era mai capitato prima di trovarmi di fronte ad un panorama così squallido, marcio, desolante e recidivo: sia In termini di partiti politici che in termini di povertà di leader e di miscuglio di candidati. Non certo tutti, perché mi rifiuto di pensare che si siano estinte nella politica tutte le persone per bene. Ma quanto possono pesare una volta immesse nel circuito perverso della porcheria diffusa?
Come è pensabile che ancora nel 2012, con tutto quello che è successo e che succede quotidianamente, le liste di molti partiti comprendano ancora candidati inquisiti o condannati o comunque non in odore di santità? E come è possibile che persone per bene accettino di inserirsi in tali liste ed accompagnarsi con i dubbi personaggi? Saranno poi loro virtuosi ad amministrare e aver voce in capitolo o saranno gli altri?
Perché un punto è ben chiaro: se i partiti politici sono farciti di gente incompetente o peggio di malaffare, le responsabilità e la colpa sono totalmente ed esclusivamente dei partiti stessi e dei loro dirigenti e non certo dei cittadini che li hanno votati. Ma come potevano mai immaginare che i loro partiti di riferimento, verso cui confluivano la loro fede e credo politico, i loro desideri, le loro speranze, le loro convinzioni, le loro istanze, li avrebbero traditi in modo così grave e generalizzato. Non un partito solo ma tanti partiti …. ed ecco formata la casta.
E allora mi si pone la domanda che sino ad oggi non mi ero mai posta. Ma se veramente non so e non trovo chi poter votare con fiducia, con la coscienza di fare la mia parte e il mio dovere di cittadino, che cosa devo fare?
Devo andare comunque e versare il mio voto all’ammasso, senza domandarmi dove va a finire e che uso ne verrà fatto?
Oppure posso starmene a casa dicendo a me stesso che tanto il mio piccolo io e il mio piccolo voto verrebbero fagocitati dal sistema e non conterebbero nulla in termini di doveri e in termini di diritti?
Con tale ultimo quesito, forse, senza volere, mi sono dato una risposta. Nello specifico, oramai è assodato che il pantesco è un "titolare ridotto" dei diritti fondamentali dei cittadini italiani. Di quelli costituzionali, di quelli in termini di diritto alla salute, alla scuola, alla mobilità, allo sviluppo, alle pari opportunità.
E se non gli sono riconosciuti questi elementari e fondamentali diritti, gli resta comunque il dovere civico del voto? O gli restano solo quelli etici dettati dalla coscienza, dall’educazione ricevuta, nonché quelli dettati dal codice penale?
Tanti anni fa si usava dire che si andava a votare tappandosi il naso, oppure scegliendo il male minore. Non era un gran ché ma era già qualcosa perché almeno sapevamo, condividendo di più o di meno, chi erano i comunisti e che cosa perseguivano, chi erano i democristiani, chi erano i socialisti e i liberali, chi era Almirante (repubblichino ma mai mascherato) e così via. Oggi tutto questo si è evaporato e sulla ribalta è rimasto solo il malaffare diffuso a destra e a sinistra.
E allora, votare o non votare, per chi votare, come scegliere, come poter distinguere?
Non è solo un problema nostro e si è posto in tanti altri paesi. E, a volte, la rivolta delle coscienze di un paese e di una comunità può nascere anche da una piccola fiammella che poi si propaga e compie la sua opera di disinfezione. Ricordate i Vespri Siciliani? Masaniello? Il ragazzo di Portoria? Piazza Tienanmen? La rivolta del gelsomino in Tunisia, e quelle in Libia e in Egitto? Non hanno risolto molto nell’immediato ma almeno hanno avviato un percorso alternativo.
E se quella fiammella nascesse a Pantelleria con un falò in piazza alimentato dai certificati elettorali?
Ma che brutta storia ho raccontato!
Chi ne ha voglia, per favore, la legga solo come lo sdegno di una coscienza inquieta e nessuno ne tragga ispirazione o consiglio. Ma ciascuno stia molto attento a riflettere bene su quello che farà (o non farà) ed a come lo farà. Possibilmente dando il segno di una comunità pantesca unita e coesa nel voto o nella protesta.
Grazie al cielo io non voto in Sicilia e tutto questo mi riguarderà solo fra qualche mese, alle elezioni politiche nazionali. E non so assolutamente che cosa farò.
Nel mio amareggiato scetticismo invidio i simpatizzanti di Renzi e persino i grillini e tutti coloro che conservano ancora una fede politica e una speranza di risorgimento.
Tony Alfano

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