L’ARTICOLO 3 AUMENTA DI UN TERZO L’ORARIO DI LAVORO DEGLI INSEGNANTI

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Vorremmo denunciare anche grazie al tuo giornale la grave situazione che si verrà a creare nella scuola italiana qualora venisse approvato l’articolo 3 della legge di stabilità 2013, attualmente in  discussione nelle Commissioni di Camera e Senato. L’articolo in  questione aumenta di un terzo l’orario di lavoro dei docenti a parità  di salario. Si tratta nel metodo e nel merito di un provvedimento sbagliato e iniquo. Nel metodo perché si interviene su una materia che è  regolata da contratti liberamente sottoscritti fra le parti e si impongono  dall’alto prestazioni di lavoro che non sono previste nel CCNL attualmente in vigore: si tratta di un pericoloso precedente che mortifica  la civiltà del lavoro e delinea un paradigma autoritario e illiberale di relazione stato-cittadino. Ma il provvedimento è anche sbagliato nel  merito. Chiunque operi nella scuola, infatti, sa bene che le ore di  lezione frontali sono soltanto una parte dell’attività di un docente, che spende la propria professionalità anche nella preparazione delle  medesime, nella predisposizione e nella correzione dei compiti in classe,  nei ricevimenti delle famiglie, nella programmazione e nelle attività collegiali. Occorre poi sottolineare con chiarezza cheaumento  dell’orario di lavoro non si tradurrà in un incremento delle ore di  lezione impartite in una singola classe (che sono anzi state notevolmente  diminuite dalla Riforma Gelmini), ma in un numero maggiore di classi per singolo docente, il che tenderà a indebolire l’aspetto relazionale  della didattica, a spersonalizzarla e ad allontanarla dalle esigenze e dai  bisogni dello studente, che invece sarebbe doveroso valorizzare nella sua individualità. Occorre poi dire con chiarezza che i docenti italiani hanno un carico settimanale di ore di lezione in classe superiore alla  media europea, sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) sia nella  secondaria superiore (18 contro 16,3) e praticamente identico nella scuola media (18 contro 18,1). L’effetto di questo provvedimento sarà devastante in termini sociali: se il nostro orario aumenterà di un terzo, una cattedra su quattro sarà assorbita da chi già lavora; secondo alcune stime si perderanno circa 30 mila posti di lavoro. Ancora una volta, dopo la soppressione di 87 mila cattedre per effetto della riforma Gelmini, dopo il blocco degli scatti di anzianità e la mancata firma dei contratti di lavoro, scaduti da anni, è la scuola a pagare la crisi. A perdere il lavoro saranno soprattutto quei giovani docenti che il Ministro dice di voler tutelare: i giovani insegnanti, che lavorano da anni come supplenti reclutati dalle Graduatorie ad Esaurimento e assicurano con la loro professionalità e la loro competenza il regolare andamento dell’anno  scolastico, vengono ora tagliati come rami secchi, senza considerare che  si tratta spesso di abilitati vincitori di concorso, titolari in alcuni  casi di dottorati di ricerca e di master. C’è poi un altro aspetto:  quest’ansia di misurare il lavoro dell’insegnante con parametri  esclusivamente quantitativi, anziché qualitativi, nasconde un profondo disprezzo che vuol fare di lui non più un intellettuale che tramanda  cultura e costruisce un dialogo educativo con gli studenti, ma un guardiano a ore pagato per un parcheggio giornaliero e chiamato a impartire un sapere talmente elementare e meccanizzato che si possono aumentare a piacimento le sue ore di lavoro, senza che questo comporti un  abbassamento del livello qualitativo. In realtà le cose non stanno così  e la dequalificazione dell’insegnamento sarà dunque inevitabile: parte  del tempo che il docente impiega, nelle biblioteche o a casa, nella  propria formazione, nello studio e nella selezione del materiale didattico  verrà occupata dal carico di lavoro supplementare e la figura  dell’insegnante-intellettuale verrà integralmente distrutta. Ma non  c’è soltanto il mancato riconoscimento di questo ruolo; è in gioco  anche un profondo disprezzo per il lavoro intellettuale in quanto tale.  Non si tratta soltanto della fatica fisica di fare lezione su argomenti  eterogenei, complessi, che richiedono preparazione e studio continui, ma di un disegno che, aumentando le ore attraverso l’assegnazione di un maggior numero di classi, incide pesantemente sugli aspetti relazionali  dell’insegnamento e sull’attività di ricerca correlata alla didattica e ad essa finalizzata. Questa barbarie che si sta perpetrando contro la civiltà del lavoro e la cultura mette in gioco la dignità dell’insegnante e il ruolo della scuola pubblica nella società, mentre  il governo stanzia 223 milioni per le scuole private………
Marcella Labruna in questo caso professoressa!

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