‘QUANNU E’ TROPPO E’ TROPPO’

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Già una malinconica canzone di Ruggeri s’immergeva, in piena notte, nella condizione alienante d’un portiere d’albergo che esprimeva, nel suo impellente desiderio di fuga, le ombre di un lavoro troppo spesso sottovalutato e considerato ‘inattivo’.
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nCosì per Giacomino, protagonista dell’esilarante commedia dialettale in tre Atti di Alfia Leotta, “Quannu è troppo è troppo”, rappresentata egregiamente in prima lo scorso 17 aprile, dagli affiatati componenti dell’Associazione ‘Arte e Spettacolo’ di Pantelleria.
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nAd attorniare il portiere di notte dell’albergo a tre stelle “Mancia & Dorme” stupendamente interpretato dal primo attore Simone Raffaele, i classici personaggi ad esso correlati, pur nelle loro connotazioni caratteriali più contemporanee: la signora Antonia, la proprietaria autoritaria, spilorcia ed esigente, il cui ruolo destinato alla insostituibile Antonietta Silvia; la signorina Cicca e il signorino Fifino detto Fify – per Giacomino più espressamente comparabili ad una ‘lappana’ e ad un ‘calamaro’-, ambedue ossessionati dalla passione inarrestabile per il portiere, affidati alla divertente ed accentuata comicità di Francesca Consolo e Davide Guttadoro; Domenica, la cameriera tuttofare ‘srascinusa’,commissionata alla straordinaria Caterina Pavia, che indugia spesso, ma solo apparentemente, al disdegno per il ‘collega’ protagonista, il quale a sua volta la deride per il suo linguaggio inadeguato e poco consono alle relazioni alberghiere con la clientela; Salvatore, il dipendente d’albergo che mai sarà presente sulla scena, a causa di un incidente che non gli permetterà di rientrare al lavoro prima di quaranta giorni, e che Giacomino deve ‘forzatamente’ sostituire, per dimostrare alla titolare fedeltà e attaccamento al proprio lavoro e a chi gliel’ha ‘generosamente’ offerto pur se in tempi di grave crisi; la suora, figurata dalla spassosa e naturale allegria di Tea Bonfiglio, di passaggio nell’albergo, in cerca di elargizioni caritatevoli per i bisognosi; la coppia di sposini della camera 69 – interpretata dalle note abilità attoriali di Salvatore Maddalena e dalla sempre più determinante destrezza sulla scena di Rosaria Maccotta -, divertente e nello stesso tempo di trasloco riflessivo, nella sua esuberante manifestazione di crisi matrimoniale a partire già dalla luna di miele; Mastru Nicola – impersonato dall’efficiente Salvatore Brignone -, nel suo schizzo di riparatore delle inconvenienze strutturali dell’albergo, che, nonostante il problema di balbuzie che potrebbe rallentargli la scioltezza del linguaggio, riesce, risoluto, a tener testa alla energica proprietaria, sempre pronta a ‘risparmiare, riciclare, economizzare su tutto’, anche sull’assegno che da tempo gli deve corrispondere; il professore, infatuato della signorina Cicca, però perdutamente smarrita nel desiderio per Giacomino, la cui peculiarità quella di divagare astrattamente, come stesse di continuo seduto in cattedra, assai lontano dalla tangibilità delle cose reali; e poi Joseph Raffaele, nel ruolo di figlioletto di Giacomino – nella realtà di Simone e Francesca -, che dolcemente appare e scompare dalla scena quasi immediatamente, a salutare il padre prima di andare a scuola, con l’intento di far trasparire la brevità dei momenti quotidiani d’affetto concessi alla famiglia, quando il lavoro diventa una necessità ossessiva per sbarcare il lunario.
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n“Puntualità! Serietà! Responsabilità!”, e soprattutto “Occhie aperte, picchì jè un vi dugnu né petre né tartisi! Jè, a fini du’ misi, vi dugnu sordi!”, reclama la signora Antonia ai suoi dipendenti, che reputa non abbiano creatività e che non facciano funzionare il cervello.
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nUna pennellata di profili che compongono una trama davvero realistica.
Un rigido regime economico ed una pretesa eccessiva che si riflettono e si agitano nell’insoddisfazione di questi personaggi fin troppo certi e concreti; nella improvvisa ma necessaria ‘follia’ di Giacomino che, dapprima rassegnato alla ‘schiavitù’ del proprio stato, pressato sempre più forte dalle incombenze anche emotive dell’albergo, si rifugia poi, di sicuro per salvarsi, nell’allontanamento coatto da parte di chi è stato incaricato di portarlo via da là, pazzo e sconfitto, ma…”QUANNU E’ TROPPO E’ TROPPO!”.
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nFranca Zona
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