UTILIZZO DELLE PIETRE VULCANICHE NELLA COSTRUZIONE DEI DAMMUSI PANTESCHI

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Nei giorni scorsi si è tenuta, presso il centro Culturale Gianporcaro, la conferenza “GENESI GEOLOGICA DI PANTELLERIA E NASCITA DEL DAMMUSO”.
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nOltre alla storia delle diverse fasi eruttive di Pantelleria, si è parlato dell’uso della pietra locale quale componente caratterizzante la costruzione dei dammusi e della diversa tipologia strutturale delle tipiche abitazioni pantesche.
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nIl prof. Silvio Rotolo, docente universitario del Dipartimento di “Scienze della Terra e del Mare”, dell’Università di Palermo
e Responsabile Scientifico del Museo Vulcanologico di Punta Spadillo, è un profondo conoscitore dell’isola che frequenta da molti anni. Anche quest’anno è “sbarcato” con 25 studenti dell’Università, che hanno lavorato per alcuni giorni su cinque diverse aree del territorio, seguendo specifici compiti al fine di leggere ciò che le rocce raccontano in termini di storia eruttiva. Una didattica sul campo, condotta sul “libro aperto” del territorio pantesco che vanta fasi eruttive ed esplosive avvenute in un tempo lungo migliaia di anni. Colate laviche che a Pantelleria hanno una caratteristica unica, molto fluida, facilmente rilevabile su tutta l’isola. Durante la serata al Centro Culturale, il professor Rotolo ha illustrato, ai numerosi presenti, particolari della storia geologica di Pantelleria attraverso un’esposizione puntuale quanto avvincente. Si è così appreso che 6 sono le caldere formatesi nei diversi periodi, 44 mila anni fa il tufo verde ha coperto l’intera isola con l’ultima eruzione esplosiva che è stata anche la più devastante, il Monte Gibele è il cratere originale che ha poi innalzato la Montagna Grande e tanto altro. Ha spiegato poi la provenienza del materiale che più viene utilizzato per le costruzioni dell’isola: la pantellerite e l’ignimbrite.
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nLa parola è quindi passata a Franco Brignone, autore di numerose pubblicazioni sulle tipologie dei “giardini” panteschi e dei dammusi, oltre che sulla natura e i sentieri isolani. L’ultima sua opera, ancora in fase elaborativa, racconta l’evoluzione dei dammusi attraverso secoli di storia: un centinaio sono quelli più antichi con un’unica volta a botte, poi si passa a quelli con due volte costruiti dal 1200 al 1600 fino ad arrivare a quelli moderni costruiti con molte pertinenze. E’ stato spiegato come la distribuzione sul territorio fosse legata agli eventi storici, alla necessità di collocare le strutture abitative in zone più interne e più riparate o in zone più vicine alla costa quando lo sviluppo della popolazione andò di pari passo con l’apertura di nuove vie commerciali.
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nL’architetto Giovanni Bonomo ha raccontato invece come viene usata la pietra nella costruzione dei dammusi e in base a quale caratteristica viene scelta.
L’ignimbrite più porosa e quindi più facile da lavorare viene utilizzata per la costruzione dei cantonali e per le lastronature, mentre la pantellerite più dura e resistente trova impiego nei muri di sostegno e pertinenziali. La prima difende maggiormente dal caldo e dal freddo ma presenta l’inconveniente di assorbire di più l’acqua. Poi abbiamo il tufo rosso, proveniente da Gelkhamar, Kuddie Rosse e Mursia, utile per l’impermeabilizzazione dei tetti, azione per la quale si usa anche la pozzolana o pomice che però è meno resistente e più porosa. La pozzolana veniva utilizzata anticamente per facilitare la traspirazione, un sistema oggi sostituito da tecniche moderne. La proiezione di diapositive ha accompagnato la presentazione dei tre relatori, facilitando la comprensione di quanto esposto.
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nQuanto trattato e appreso durante la serata è stato poi verificato sul campo in una interessante escursione sull’orlo della caldera vulcanica di Monastero,
con la presenza dell’instancabile professor Rotolo che ancora una volta ha fatto “parlare” le rocce come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
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nGiovanna Cornado Ferlucci

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