MALTA E PANTELLERIA: AFFINITA’ MEDITERRANEE

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Caro direttore,
volevo condividere in questo spazio un documento dell’Architetto Sechi. Il presente, vuole essere uno spunto riflessivo su cos’è il mediterraneo e su dov’è situata la nostra isola.
Il mediterraneo è la culla della cultura occidentale e noi ne siamo l’ombelico. Da Euclide sappiamo che la distanza minore tra due punti è una retta. Nel novecento si scopre la matematica a più dimensioni, per la quale, la distanza minore tra due punti è una parabola. Oggi con la fantapolitica, scopriamo che le distanze fisiche e culturali, variano in base alle rotte dei collegamenti. Vediamo ciò che è vicino, che si allontana e ciò che è lontano che si avvicina. Vi lascio all’interessante analisi riportata di seguito.
Salvatore Spata

Malta e Pantelleria: affinità mediterranee.
Malta e Pantelleria, le isole più grandi del canale di Sicilia, hanno condiviso la maggior parte delle vicende socio-politiche ed economiche sin nell’antichità. Queste sono state naturalmente determinate dalla loro situazione geografica tra la Sicilia e la costa nordafricana, e pertanto le isole sorelle hanno vissuto drammaticamente le avanzate e le ritirate dei vari dominatori del Mediterraneo centrale. Più precisamente si sono trovate al centro dei movimenti altalenanti tra le due sponde settentrionale e meridionale.
I primi contatti furono stabiliti nel periodo neolitico, forse fin dal V millennio a.C. e certamente dal III, l’eneolitico, contatti testimoniati dalla presenza di ossidiana pantesca a Malta. Ovviamente non si sa nulla della lingua parlata dai primi abitanti delle due isole tranne il fatto che, a causa della loro provenienza dalla Sicilia, sia "i costruttori dei templi" maltesi sia i costruttori dei sesi probabilmente parlavano varietà più o meno simili della stessa lingua "mediterranea" di cui non sono pervenute testimonianze scritte. I Fenici sfruttarono le due isole per il loro ruolo strategico al centro delle rotte mediterranee e si presume che vi portassero un certo benessere. Anche la pax romana permise loro di fare una vita tranquilla, ma i Vandali, i Bizantini e gli Arabi provocarono crisi sociali e demografiche che cancellarono le tracce linguistiche precedenti. Effettivamente non sono nemmeno pervenute notizie linguistiche esplicite relative a questi periodi, anche se è lecito presumere che i tempi piuttosto lunghi dei vari domini avrebbero potuto determinare l’avvicendarsi del punico, del latino e del greco bizantino non solo sul livello della lingua alta, dell’amministrazione, ma anche sul livello del basiletto, cioè la lingua parlata dagli abitanti.
Oggi sappiamo che la lingua dialettale maltese e quella pantesca hanno un sostrato comune grazie agli studi riportati dal professore Joseph Brincat, dove parole come balluto, makoto, khuddia, ddukkéna fanno parte dello stesso vocabolario. Ma anche le genti delle due isole hanno lasciato i loro nomi nelle rispettive isole attraverso gli scambi commerciali e le alleanze familiari. Il cognome Di Malta presente ed originario dell’isola di Pantelleria a differenza dell’altro Maltese, più diffuso nel trapanese, trova il suo analogo Pantelleresco (pantesco sarà l’aggettivo –accorciato- coniato nel XX sec.) a Malta. Così come durante il drammatico passaggio dal regime borbonico a quello sabaudo, i fratelli Errera, coloro che giustiziarono Don Federico Nedele, i figli delle famiglie abbienti pantesche implicati nel brigantaggio, tutti, per evitare i carabinieri del Re, trovavano asilo a Malta. Ciò per dimostrare quanto forte fosse il legame tra le due comunità mediterranee che, quale ultimo aneddoto, durante la II guerra mondiale la famiglia Di Bartolo proveniente da Malta, allo scoppio della guerra fu deportata in un campo di prigionia in Italia, perché potenzialmente collaboratrice con il nemico.
I legami tra le due isole si sono interrotti all’indomani dei bombardamenti italo-tedeschi degli anni ’40-’43 con la nascita di un sentimento anti italiano non ancora dimenticato tra i maltesi.
Pensare che dopo oltre 2 millenni di storia comune, di scambi commerciali, di velieri che portavano le notizie da una parte all’altra, di spose e di sposi, di scecchi e di passola, oggi che di tutto questo non ci rimane che il segno sbiadito e dimenticato dei nomignoli panteschi come Musiù (cognome maltese), di quello che era la vera ricchezza di quest’isola fondata su questo mare, forse è arrivato il momento di capire che se non si è riusciti a ricostruire una città dopo i “nostri” bombardamenti, che ancora oggi sono lì, a ricordarci la precarietà dell’esistenza in cui vive il pantesco, Malta potrebbe aiutarci a riconquistare l’identità e la missione della nostra isola, perché meglio di chiunque altro, un’isola sorella, può capire le nostre le vere ragioni.
Giuseppe Sechi

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