Si ritorna a parlare del Parco Archeologico di Pantelleria proprio quando le istituzioni lo hanno cancellato prima ancora che prendesse forma. Ecco come l’architetto Luigi Biondo, durante un suo intervento al Castello, ha ricostruito i passaggi con i quali si è tentato inutilmente di farlo venire alla luce.
“Voglio ricordare un libro che ho letto, su suggerimento della professoressa, quando ero al liceo: “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Non avrei mai pensato di vivere quel libro un po’ di anni dopo.
Il protagonista è un giovane tenente, Giovanni Drogo, che viene spedito in una fortezza molto misteriosa al confine nord del suo paese, situata in un luogo indefinito, quasi da Legione straniera. In questo luogo i nemici non arrivavano da molto tempo e la Legione si preoccupava perché voleva dimostrare il proprio valore e dare prova di quanto sapessero fare i soldati, ma non se ne presentava mai l’occasione. Il tenente Drogo, nel lunghissimo tempo di permanenza in questo luogo strano, fa che l’attesa e l’indefinito diventino il suo modo di vivere quotidiano. Quando finalmente dopo tantissimi anni, più di trenta, arrivano i fatidici nemici egli è talmente stanco e malato che deve andarsene senza riuscire ad affrontarli.
Questa parentesi servirà per capire la mia storia che inizia nell’agosto del 2010, quando ricevetti l’incarico di direttore del Parco Archeologico di Pantelleria: una struttura da far nascere ex novo che faceva riferimento ad una legge del 2000 che finalmente sembrava avere attuazione dopo dieci anni. Accettai quell’incarico convinto da subito di raggiungere una fortezza difficile da difendere, però con la voglia di costruire, altrimenti che architetto sarei! Da allora ad oggi, nonostante molteplici incontri, non ho ricevuto nessun collaboratore, nessuna sede, né un capitolo di spesa. In questo lasso di tempo sono diventato un po’ un caso strano, anche un po’ patetico… o forse paradossale. Il 15 marzo del 2011, grazie alla collaborazione di Sebastiano Tusa che allora era Soprintendente a Trapani, riuscimmo a consegnare, primi in Sicilia, il perimetro e il regolamento di quel Parco, unitamente all’approvazione del Consiglio Comunale di allora.
Da quel 15 marzo in poi… l’assoluto silenzio, fino a quando, esattamente come per il tenente Drogo, il 29 aprile di quest’anno una normativa del nostro Dipartimento ha cancellato il Parco, non esiste più: prima di farlo nascere… lo ha fatto morire. Vorrei però sottolineare che in tutto il tempo della mia lunga attesa, non ho girato i pollici e soprattutto l’indefinito non mi ha ammaliato come è accaduto per il tenente. In questi anni, grazie alla collaborazione e all’amicizia di molti, ho seguito in diretta le campagne di scavi che portavano alla luce oggetti preziosissimi e affascinanti, ho rinnovato tutte le convenzioni con le Università che nel frattempo erano scadute, mi sono adoperato per trovare una sede logistica minima per gli operatori delle varie missioni e ho seguito dei saggi completamente nuovi come quelli in località Favarotta con il dottor Abelli. Sono particolarmente orgoglioso di aver riportato a Pantelleria le preziose Teste Imperiali, che hanno girato tutto il mondo ma che sull’isola non ci stavano mai. Ho anche curato una piccola esposizione in Aeroporto, mantenuto rapporti con il Dipartimento, il Comune e la Forestale, sono stato a riordinare i magazzini dell’Arenella e ho prospettato una sede del Parco che fosse anche foresterie per le missioni di scavo archeologico e di ricerca, punto di riferimento degli strumenti per poter lavorare in maniera concreta.
Ecco, il nemico non è mai arrivato in questa fortezza e quel che è peggio mi ha forse dimenticato, mi dispiace dire che ho perso anche un po’ di fiducia nelle istituzioni. Quel romanzo…”Il deserto dei Tartari” terminava con un messaggio positivo: il tenente Drogo ha lasciato la vita consapevole di averla vissuta compiendo fino in fondo il proprio dovere e avendo amato quel luogo che era luogo del suo impegno. Anch’io voglio lasciarvi un messaggio, ben consapevole del fascino di Pantelleria che mi ha avvolto e conquistato da subito e che certo non mi lascerà in qualsiasi fortezza mi mandino: un grazie di cuore a chi mi ha aiutato in questi anni, a chi ha creduto in me e nel mio lavoro e soprattutto a chi vorrà continuare a credere nel progetto -Parco Archeologico di Pantelleria-”
La cancellazione del parco rappresenta, come nel romanzo di Buzzati, la beffa finale proprio quando sembrava che tutto stesse prendendo la strada giusta. Il parco, svuotato dalla sua importanza strategica per lo sviluppo dell’isola, rimane un’idea sospesa tra le mille belle intenzioni che non trovano mai un compimento, tutto viene logorato nella vana speranza di un futuro migliore. Pantelleria però non può consumare la propria vita in una rassegnata attesa.
Giovanna Cornado Ferlucci
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