SAN GIUSEPPE: UNA FIGURA RILEVANTE PER LE NOSTRE RADICI RELIGIOSE

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L’approssimarsi della ricorrenza che la Chiesa ha tradizionalmente riservato a San Giuseppe non può fare a meno di volgere la nostra dedizione ad una figura così tanto rilevante per l’universo condiviso delle nostre radici religiose.
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n‘Infrazionando’ le regole narrative della ‘Consecutio Temporum’ finora seguite con meticolosità geografica, chiediamo adesso l’indulgenza di un comprensibile salto sul versante opposto dell’Isola, nella contrada di Rekale, la Chiesa dei cui fedeli ‘locali’ si atteggia ad accostare le abitazioni circostanti, in una sorta di familiarità col Santo onoratissimo – proclamato Patrono della Chiesa da Papa Pio IX, l’otto dicembre dell’anno 1870 – il cui sostanzioso apporto, quello di saperci restituire fotogrammi di culto quasi perduto, nella rievocazione di un’ esposizione folcloristica capace di racchiudere ed esprimere l’ eloquenza della sintassi biblica del nostro ‘Credo’.
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nE’ proprio grazie al richiamo alla vicende esistenziali della “Sacra Famiglia”, costretta a fuggire e vagare altrove, in cerca di accoglienza e di un pezzo di pane da mangiare per scampare alla furia di potere del crudele Erode, che la figura di Giuseppe e la devozione religiosa nei suoi confronti hanno assunto una tonalità popolare che tutti, almeno solo da bambini, siamo riusciti a mantenere accesa nella partecipazione al rito; da grandi assai meno, spettatori passivi delle ‘sane abitudini’ di nostalgici fedeli sempre attenti, con incessante umiltà religiosa, a non far recedere questa manifestazione ‘pubblica’ di coinvolgimento cristiano che, insieme all’aspetto religioso vero e proprio, vuole anche significare, attraverso il banchetto, una apprezzabile possibilità di coesione sociale.
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n“Siminatu”, “Cucciddrate” votive senza lievito , “Panuzza” dedicati ai Santi o ai Verginelli, “Frumentu”, “Frutta”, “Ciuri di carta colorata”, “Ciuri freschi” e “Lumini” ad abbellire ed accostare l’altare nei suoi graziosi gradini, ‘luogo’ d’incontro dei visitatori in ogni casa che ha saputo spalancarsi all’esterno con sincera carità, recitando, insieme, il Rosario di San Giuseppe.
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Una vera e propria arte popolare sempre intrisa, però, d’infinito sentimento religioso; poiché quando sacro e profano si abbracciano per far sì che l’anima di un popolo si manifesti al meglio, non ci è concesso criticare sul ‘giusto’ o l’inopportuno di un pericolo pagano.
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nDalla mia età di giovinetta, mi giungono ancora il profumo festivo dell’Altare che, con grande cuore, mia nonna Francesca regalava al vicinato, e la tiepida dolcezza d’una ricorrenza ormai in sordina, posta nell’ombra di ricordi che oggi s’impongono sempre vivi e tremanti; come l’ultimo saluto alla cara nonna che, con il sorriso stanco ma spontaneo d’una giornata pesante di fatica, mi porgeva fra le mani l’immancabile ‘piatto’ di ‘sfinci’: il sapore e l’odore di un affetto senza fine.
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nFranca Zona

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