IN ITALIA UN CRESCENTE E PERICOLOSO RICORSO AI COMBUSTIBILI FOSSILI

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L’interessante convegno “Verso Pantelleria Zero” organizzato dal Movimento 5 Stelle di Pantelleria è iniziato con l’intervento di Rosa D’Amato, portavoce all’Europarlamento.
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n“Come già analizzato durante la conferenza di Bruxelles – ha esordito l’europarlamentare – il modello economico basato sui combustibili fossili è in crisi. Una crisi definitiva e irreversibile. Gli idrocarburi diventano sempre più difficili e costosi da estrarre, e comportano inconvenienti per l’ambiente e per la salute umana.
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In Italia, però, si assiste ad un crescente e pericoloso ricorso ai combustibili fossili. E’ il caso ad esempio delle politiche di sfruttamento delle risorse di idrocarburi a largo delle vostre coste, che rischiano di mettere in crisi la fragile biodiversità mediterranea. I dati attuali relativi al nostro “bel paese” sono: un’area di 145 chilometri quadrati, di cui ben 123 in mare rischia di venire perforato per estrarre petrolio o per cercarlo attraverso detonazioni subacquee. Un rischio sempre più concreto a causa delle norme scellerate contenute nel decreto legge del governo Renzi ribattezzato "Sblocca Italia".
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Questi dati emergono dall’analisi delle istanze presentate dalle società petrolifere al ministero dello Sviluppo economico: 120 richieste di cui 67 per la ricerca di idrocarburi in terraferma, 45 per la ricerca in mare e 8 per la prospezione in mare.
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nCome la Schlumberger italiana, filiale della società americana leader mondiale nei servizi petroliferi: sono della Schlumberger ben 4 istanze che vanno da un’area di 21 mila chilometri quadrati al largo della Sardegna ai 4 mila chilometri quadrati nel cuore del golfo di Taranto fino al canale di Sicilia. Tutte trivelle pronte a scattare in aree marine di fondamentale importanza.
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n“Al momento
– ha  continuato l’eurodeputata Rosa Amato sono vigenti ben 202 concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui 133 in terraferma e 69 in mare. A queste vanno aggiunti i 96 permessi di ricerca in terraferma e i 22 nel sottofondo marino che sono stati già accordati. Anche se i fatturati delle aziende petrolifere non sono tra i più trasparenti, stando alla produzione 2013 e ai prezzi di vendita di gas e olio greggio, la stima degli introiti in Italia è di ben 6,5 miliardi di euro solo con la vendita delle materie prime estratte. Una cifra importante. Peccato però che, il ritorno per le casse dello stato sia più che misero. Stando ai dati dello stesso ministero dello sviluppo economico, nel 2013 i ricavi dalle royalty sono stati di poco superiori ai 420 milioni di euro. Di questi, ben 93 milioni sono andati al fondo di riduzione prezzi carburanti. Fondo che viene destinato ai cittadini delle aree oggetto di estrazione petrolifera. In Basilicata, che è la principale regione produttrice di petrolio, queste risorse sono state ripartite con un buono di 140 euro per famiglia. Un buono per far cosa? Ma per comprare benzina, ovviamente.
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Ecco dunque che quasi un quarto delle poche risorse che ritornano ai cittadini, in realtà, finiscono nuovamente nelle tasche dei petrolieri. Lo Sblocca Italia è di fatto uno sblocca trivelle. Il cavallo di troia che lo sblocca Italia intende regalare ai signori del petrolio è essenzialmente uno: togliere alle regioni il potere di veto sulla ricerca e sulla trivellazione di pozzi di petrolio e di metano. Inoltre, lo sblocca Italia prevede una concessione unica per ricerca e coltivazione”.

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