L’esito del voto è reso ancora più incerto da una legge elettorale, la n.7/2005, che è molto diversa da quella delle regioni a statuto ordinario ed è alquanto cervellotica nella ripartizione dei seggi. I deputati regionali sono 90 (un record): 80 vengono eletti su base proporzionale tramite le liste provinciali in cui è ripartito il territorio siciliano. La ripartizione di questi seggi avviene con una soglia di sbarramento del 5% (una delle più alte in Italia) e con l’uso del quoziente di Hare, cioè il sistema che garantisce la maggior proporzione tra voti e seggi assegnati. La cosa si complica ulteriormente quando si tratta dei 10 seggi residui. Di questi 10, 1 viene assegnato al neo-presidente e 1 al secondo più votato. Gli altri 8 fanno parte del “listino” del presidente eletto e vengono assegnati alla lista più votata, ma solo a patto che questa non superi i 54 seggi. La legge elettorale prevede infatti che nessuna lista possa avere più di 54 seggi, e nel caso li superi i restanti vengono assegnati alle altre liste, come accaduto nel 2008 quando la lista Lombardo ottenne 61 seggi nel proporzionale. Questa legge infatti non prevede un premio di maggioranza ma una sorta di “penalizzazione” se si ricevono troppi voti. Nel caso di queste elezioni, in cui c’è il serio rischio che il neo-presidente non raggiunga la maggioranza di 46 seggi necessari a governare, la conseguenza di questo scenario sarebbe un accordo post-elettorale tra coalizioni avversarie, oppure un “trasloco” di voti, o l’ingovernabilità con una mozione di sfiducia al neo-eletto presidente.
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