Pantesca d’adozione (35 estati sull’isola) e cinefila incallita quale sono, non ho potuto trattenermi il 26 novembre dal presenziare alla prima proiezione di A Bigger Splash, ultimo film di Luca Guadagnino girato a Pantelleria.
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nA Milano, seduta in una sala semideserta ho seguito non senza perplessità la prima scena che riprende il megagalattico concerto da stadio di una famosa rockstar, chiedendomi se per caso non avessi sbagliato sala, finché sullo schermo è comparsa la filiforme inconfondibile figura di Tilda Swinton.
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nA seguire ecco le panoramiche dell’isola vista dall’aereo, immagini sbiadite, quasi sfocate… e successivamente la scena dell’arrivo all’aeroporto di Pantelleria di uno dei protagonisti del film, l’attore Ralph Fiennes, scena fastidiosamente sguaiata per una patita di Ingmar Bergman, Truffaut e Woody Allen (capitemi ho 76 anni!).
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nResistendo al prepotente impulso iniziale, ho cercato quindi di calarmi nella storia: la rockstar Tilda Swinton, afona a seguito di un recente intervento alla gola, trascorre una vacanza insieme al nuovo compagno (Matthias Schoenaerts) a Pantelleria, quando irrompe sulla scena l’esuberante ex amante (Ralph Fiennes), accompagnato da una giovane ragazza (Dakota Johnson), presentata come sua figlia. Il ménage a quattro si svolge in un’atmosfera di pesante ambiguità tra vagabondaggi in fuoristrada per l’isola, pigri svaccamenti intorno alla piscina e interludi di sesso, fino al prevedibile“bigger splash” finale.
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nNonostante i miei iniziali pregiudizi devo riconoscere che l’intrico psicologico della vicenda è avvincente, soprattutto nel finale che si tinge di giallo…
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nIl film descrive molto bene la spregiudicatezza dei protagonisti, rappresentativi di una certa elite dello spettacolo, che si consente qualsiasi trasgressione, ma è subito pronta a scaricare le proprie responsabilità su altri e più deboli (vedi la non troppo velata accusa della rockstar nei confronti degli extracomunitari).
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nLo sguardo di Guadagnino si rivela particolarmente amaro e privo di speranze nella contrapposizione tra i protagonisti, che appaiono mossi esclusivamente dalla ricerca di un proprio inesauribile godimento, e la società che li circonda. Anche gli abitanti della più remota isola nel mediterraneo, contagiati dal mito televisivo della notorietà, appaiono forse già pronti a rinunciare ai valori della loro tradizione contadina in omaggio al mondo dell’apparire, del godere, del consumare…
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nL’intenzione di trasmettere questa sua cupa visione si spinge radicalmente fino a trasformare l’ambiente fisico dell’isola per farlo corrispondere all’inquietante clima psicologico della vicenda. La solare, mediterranea Pantelleria diventa così un luogo cupo e terrigno; gli smaglianti e vividi colori del mare e del cielo sono stati sbiaditi, annebbiati; l’atmosfera limpida e tersa del maestrale, che spesso fa intravvedere la vicina Africa, cede il posto a un polveroso, pervasivo vento di scirocco.
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nE’ come se improvvisamente l’ombra di un’eclisse di sole si fosse proiettata su Pantelleria.
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n Gabriella Fosco
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nA Milano, seduta in una sala semideserta ho seguito non senza perplessità la prima scena che riprende il megagalattico concerto da stadio di una famosa rockstar, chiedendomi se per caso non avessi sbagliato sala, finché sullo schermo è comparsa la filiforme inconfondibile figura di Tilda Swinton.
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nA seguire ecco le panoramiche dell’isola vista dall’aereo, immagini sbiadite, quasi sfocate… e successivamente la scena dell’arrivo all’aeroporto di Pantelleria di uno dei protagonisti del film, l’attore Ralph Fiennes, scena fastidiosamente sguaiata per una patita di Ingmar Bergman, Truffaut e Woody Allen (capitemi ho 76 anni!).
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nResistendo al prepotente impulso iniziale, ho cercato quindi di calarmi nella storia: la rockstar Tilda Swinton, afona a seguito di un recente intervento alla gola, trascorre una vacanza insieme al nuovo compagno (Matthias Schoenaerts) a Pantelleria, quando irrompe sulla scena l’esuberante ex amante (Ralph Fiennes), accompagnato da una giovane ragazza (Dakota Johnson), presentata come sua figlia. Il ménage a quattro si svolge in un’atmosfera di pesante ambiguità tra vagabondaggi in fuoristrada per l’isola, pigri svaccamenti intorno alla piscina e interludi di sesso, fino al prevedibile“bigger splash” finale.
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nNonostante i miei iniziali pregiudizi devo riconoscere che l’intrico psicologico della vicenda è avvincente, soprattutto nel finale che si tinge di giallo…
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nIl film descrive molto bene la spregiudicatezza dei protagonisti, rappresentativi di una certa elite dello spettacolo, che si consente qualsiasi trasgressione, ma è subito pronta a scaricare le proprie responsabilità su altri e più deboli (vedi la non troppo velata accusa della rockstar nei confronti degli extracomunitari).
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nLo sguardo di Guadagnino si rivela particolarmente amaro e privo di speranze nella contrapposizione tra i protagonisti, che appaiono mossi esclusivamente dalla ricerca di un proprio inesauribile godimento, e la società che li circonda. Anche gli abitanti della più remota isola nel mediterraneo, contagiati dal mito televisivo della notorietà, appaiono forse già pronti a rinunciare ai valori della loro tradizione contadina in omaggio al mondo dell’apparire, del godere, del consumare…
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nL’intenzione di trasmettere questa sua cupa visione si spinge radicalmente fino a trasformare l’ambiente fisico dell’isola per farlo corrispondere all’inquietante clima psicologico della vicenda. La solare, mediterranea Pantelleria diventa così un luogo cupo e terrigno; gli smaglianti e vividi colori del mare e del cielo sono stati sbiaditi, annebbiati; l’atmosfera limpida e tersa del maestrale, che spesso fa intravvedere la vicina Africa, cede il posto a un polveroso, pervasivo vento di scirocco.
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nE’ come se improvvisamente l’ombra di un’eclisse di sole si fosse proiettata su Pantelleria.
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n Gabriella Fosco
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