E’ IL MOMENTO DI SCRIVERE UNA NUOVA PAGINA

Download PDF

Sono giorni di particolare turbamento per tutta la comunità pantesca: un uomo trovato annegato, un bambino deceduto per un terribile caso fortuito, indagini sui presunti abusi perpetrati nella stazione dei carabinieri dell’isola, l’arresto di un pedofilo di origine pantesca che ha molestato un minorenne conterraneo. Fatti che scuotono, che lasciano un profondo segno, che inducono alla riflessione.
Pantelleria Internet ha raccolto in questi giorni la testimonianza della madre del giovane ed intende così dedicare questa pagina alle vittime silenti, che, comprensibilmente, vogliono – vorrebbero – restare anonime, ma a cui deve necessariamente darsi voce perché lunghissimo è il travaglio vissuto e probabilmente ancora impervio il cammino che le aspetta, perché il loro coraggio e la loro testimonianza costituiscano un incentivo a chi ancora non ha trovato la forza di esporsi ed emergere, perché si infonda fiducia e speranza nelle istituzioni, perché chi ha assunto un contegno omertoso tragga occasione per meditare e rimediare.
Anna – questo è lo pseudonimo che attribuiamo alla madre del ragazzo – è ancora molto scossa nonostante i diversi anni ormai trascorsi dall’accaduto. I recenti fatti, balzati giustamente anche agli onori della cronaca nazionale, hanno segnato un momento importante nella vita della donna e del figlio, un momento su cui confidavano da tempo ma che sembrava tardasse ad arrivare.
E così, nell’attesa che giustizia si compisse, lui, l’orco, continuava a frequentare l’isola anche nel periodo estivo, con la serenità di sempre, con la copertura dell’abito talare, circondato dall’affetto della famiglia, in piacevole compagnia dei conterranei, mentre, a poca distanza, un adolescente viveva tutto il disagio fisico ed interiore che una simile vicenda personale porta seco.
Fa male ascoltare le parole di Anna, di una giovane madre che non riusciva ad arrendersi all’idea che il proprio figlio, crescendo, avesse perso, d’un tratto, la spensieratezza e la vitalità che lo avevano contraddistinto e poi apprendere come, nel tempo, si siano rivelate le dolorosissime ragioni di un simile cambiamento e la doverosa, forzata, convivenza quotidiana con il suo fautore.
Anna conosceva l’uomo sin da piccola. Egli era noto a tutta la comunità pantesca, frequentava molto la parrocchia ed anche, in età adulta, la casa della madre di Anna, anche lei praticante. È stato in occasione di queste visite che il bambino è stato pericolosamente avvicinato. L’adolescente ha covato tutto dentro per anni, reagendo con un sonoro silenzio, ritraendosi dalla vita relazionale e dalle partite a calcetto, trascurando la scuola e perdendo peso in modo impressionante. Sono occorsi ben tre anni prima che il piccolo riuscisse a trovare la forza di rivelare il suo dramma, superando la vergogna e l’imbarazzo che in quel lunghissimo periodo avevano soffocato e sepolto la sua personalità oscurandolo al mondo, mentre lui, il mostro, continuava a condurre una vita serena e di comunità.
Ci si chiede spesso, in questi casi, come sia possibile che i genitori non si accorgano, non capiscano, non facciano nulla, ma probabilmente bisognerebbe anche interrogarsi sul se, cosa e come possano agire in casi così difficili, come intuire le ragioni di un simile disagio, come farle rivelare e, soprattutto, come aiutare a superarle. Comprensibilmente, si era inizialmente imputata la causa di un simile, devastante, malessere ad un’adolescenza piuttosto travagliata, ad una delicata crisi dovuta all’età, ad un percorso di crescita che alcuni piccoli, più sensibili di altri, vivono con maggiore difficoltà. Ma il trascorrere degli anni e l’aggravarsi della situazione gettavano un’ombra pesante sulla natura del problema e solo le incessanti richieste e cure amorevoli dei familiari hanno consentito, a parecchia distanza dal fatto, di far emergere la terribile verità.
Anna non ha avuto alcuna esitazione sul da farsi: il fatto andava denunciato e subito, andava allertata la magistratura ed avviato un procedimento penale. Non poteva più essere tollerato che quell’uomo continuasse a frequentare la chiesa, a servire messa, a frequentare e molestare altri giovani, a condurre la vita familiare e relazionale di sempre, a distanza ravvicinata dal ragazzo che, invece, per troppo tempo, si era rifugiato nel silenzio assordante della sua anima.
Ma purtroppo neanche quel coraggioso momento ha consentito di ritrovare conforto e sollievo. Sono iniziati per il giovane anni di intensa terapia e veramente modesta si è rivelata la solidarietà dei suoi coetanei. Alcuni adolescenti erano stati avvicinati dalla stessa persona, ma non avevano avuto il coraggio di esporsi né di sostenere il ragazzo nel corso delle indagini; finanche le loro famiglie, contattate da Anna, hanno respinto ogni richiesta di aiuto finalizzata ad una più celere definizione del procedimento. Non sono mancati neppure gli attacchi per il bambino, nel frattempo divenuto ragazzo, quasi accusato di esser stato consenziente, di esserselo cercato; perfino scritte sui muri della scuola di denuncia di una sua presunta omosessualità.
L’arresto di martedì ha segnato una svolta importante nell’intimo di questa famiglia, ma anche di chi, pur avendo patito, non ha ancora trovato dentro la forza di farsi avanti. Passi decisivi come questo sono testimonianza di una giustizia che ha bisogno di tempo per fare il suo corso, ma che, quando arriva, infonde la giusta dose di fiducia e speranza nella magistratura, nell’avvocatura, negli assistenti sociali ed in generale in tutto il contesto istituzionale di riferimento. Sono momenti importanti che abbisognano, però, di una spinta dal basso, dalla singola vittima, che deve riuscire ad abbandonare la prospettiva disfattista e autoaccusatoria per acquisire sempre più consapevolezza delle proprie ragioni e della svolta che, denunciando, può imprimere nella propria vita ed in quella di chi vive la medesima condizione.

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*